Chi si occupa di calcio giovanile non può non conoscere Giuliano Rusca. I suoi 40 anni sul campo con bambini e ragazzi rappresentano un bagaglio di esperienze e conoscenze uniche che ha messo a disposizione di tutti noi nel suo nuovo libro “GOLD” Il talento nel settore giovanile. Ricerca, Selezione, formazione e valorizzazione.
Giuliano Rusca lavora da quarant’anni nei settori giovanili. Alla professione di professore di educazione fisica ha sempre affiancato quella di allenatore. A 26 anni su consiglio di Mino Favini, si dedicato all’allenamento nel calcio. Prima al Como, poi al Milan per passare quindi all’Inter. Dopo 20 stagioni coi nerazzurri direttamente sul campo come tecnico è diventato il responsabile dell’attività di base, oggi pre-agonistica, che include tutte le categorie fino all’U14.
Partiamo direttamente dal libro: da dove nasce l’idea di affrontare il concetto di talento?
«Nella mia lunga vita calcistica, prima come allenatore, poi come responsabile ho sempre lavorato con ragazzi di talento. In ogni società, professionistica e non, la selezione, la formazione e la valorizzazione del giovane sono aspetti da curare con attenzione. Ho voluto sintetizzare la mia esperienza che deriva anche dal lavoro fatto con grandi maestri come Mino Favini, Mario Mereghetti e Angelo Massola per creare una base di discussione e ricerca. Tra riflessioni, considerazioni e consigli è nato questo libro intitolato appunto Il talento nel settore giovanile. Ricerca, Selezione, formazione e valorizzazione.»
A proposito di giovani di talento, con chi hai lavorato in questi anni?
«Con moltissimi ragazzi, qualcuno è riuscito ad “arrivare” altri purtroppo no. Tra i tanti mi piace sempre ricordare Coco e Zambrotta al Como, De Zerbi che ho portato al Milan, mentre per quanto riguarda l’Inter cito alcuni dei più recenti: Di Marco, Di Gregorio, Bonazzoli e Pinamonti.»
Il talento è qualcosa di poco tangibile. È davvero così?
«Come scrivo nel libro, la ricerca nei diversi campi inerenti al calcio, pensa alla fisiologia, alla preparazione atletica, alla pedagogia…, consiglia percorsi e obiettivi da osservare per rilevare in modo oggettivo un talento che è prima motorio e poi specifico.»
Quali sono le qualità da considerare in un giovane, oltre a quelle calcistiche?
«Dato che parliamo di ragazzi in formazione bisogna valutare la personalità, la gestione delle relazioni, delle emozioni. Affermarsi non è mai semplice e sono diversi i fattori che partecipano al raggiungimento dell’obiettivo finale. E in questo sono fondamentali elementi come la società sportiva, il vissuto del singolo giocatore tra famiglia, scuola e amici…»
Nel corso degli anni come è cambiato il talento calcistico e la sua individuazione?
«Dipende dagli ambiti: il lavoro dello scout è stato stravolto dall’arrivo della tecnologia. Al contrario la fisiologia non è cambiata. Ciò che è molto differente sono le esperienze motorie dei bambini e la società in cui crescono. A seguito di tutte queste novità è necessario modificare la metodologia. Oggi, ed è un aspetto fondamentale che chiarisco, i ragazzi hanno poca esperienza motoria. Poi, lo sviluppo delle neuroscienze ci ha reso più consapevoli dell’aspetto relazionale, anche all’interno di una squadra, perché non bisogna mai tralasciare il fatto che l’individuo si forma in un gruppo. Riguardo a questo vorrei sottolineare un aspetto…»
Prego…
«In un mondo così complesso è fondamentale il rispetto delle regole per la ricerca, la selezione e la formazione. Non si deve mai lavorare al di fuori di queste. La nostra Federazione ha un preciso regolamento per raduni, provini… Bisogna adattarsi ai tempi che cambiano, sempre però tutelando i giovani.»