Questo numero de Il Nuovo Calcio è lo specchio esatto della filosofia alla base della rivista. Infatti, non abbiamo mai avuto la pretesa o la presunzione di essere i possessori della verità calcistica, sia che si parli di adulti, giovani o di bambini. Come ha specificato il maestro argentino Sergio Soldano citando una frase di un grandissimo allenatore come Luis Cesar Menotti… l’unica verità nel calcio è che nessuno la possiede.
Esistono però dei princípi incontrovertibili, basati anche su ricerche scientifiche o su esperienze pratiche di sicuro affidamento, che devono sottendere l’intervento sul campo di qualsiasi mister, preparatore o allenatore portieri. Per tutto il resto, la parola chiave è… “dipende”. Perché sono fin troppi gli esempi di metodologie diametralmente opposte usate con gli adulti, ad esempio, che… hanno ottenuto risultati. Pensiamo al calcio di Guardiola, fatto di princípi e lavori quasi esclusivamente con palla, e quello di Antonio Conte, incentrato sulla ripetizione maniacale di schemi-movimenti, con un’importante parte fisica a secco. Oppure ricordo ancora con piacere l’anno in cui, con il corso Uefa Pro, abbiamo visionato gli allenamenti di Zeman, allora al Pescara, e di Luis Enrique (Roma). Due modi di allenare agli antipodi, ma è innegabile che quel Pescara proponeva un calcio offensivo molto piacevole che gli ha permesso di raggiungere inaspettatamente la Serie A. Mentre la metodologia di Enrique, magari meno efficace a Roma, è risultata perfetta per quella macchina da calcio che è il Barcellona. E anche questo ci deve far pensare. Ecco che credo fortemente nella pluralità di informazioni, nel fatto che per ogni allenatore sia fondamentale aprire i propri orizzonti studiando calcio, senza però copiare acriticamente o seguire le mode del momento. Occorre analizzare quello che per altri ha funzionato e capire in che modo adattarlo/inserirlo nella propria metodologia.
A tal proposito, nel numero di ottobre si può leggere di un calcio per i giovani fatto di princípi (l’articolo di Matteo Cioffi) e di uno più per movimenti da utilizzare in base agli avversari (Matteo Villa con l’analisi dell’attacco a 2 punte + trequartista); di una “psicocinetica fai da te” come avveniva anni fa al campetto o all’oratorio (Alessandro Zauli) e di una più codificata e organizzata (Giuseppe Vigneri e Armando Ferotti-Giuseppe Cerro). Passando per l’intervista di Fabio Pecchia, che oltre del suo Verona e delle sue idee, ci racconta le diverse e opposte esperienze in Europa (Spagna, Inghilterra e Italia). Senza tralasciare il racconto da parte di Valentina Guadagno sul movimento tedesco e sul Borussia Dortmund. Insomma, tanti spunti da elaborare per migliorare ancora di più sul campo. Perché – come sostenuto tante volte – è fondamentale conoscere l’obiettivo da raggiungere (punti, bel gioco, risultati per gli adulti; formazione, educazione calcistica, divertimento per i giovani) e poi trovare la propria strada per arrivarci. Strada che deve avere criteri di unicità, perché ogni tecnico è diverso dagli altri e “fare perché qualcuno faceva così e funzionava” non è mai una garanzia di successo.
Prima di chiudere, permettetemi poi un cenno all’intervista realizzata con l’amico Claudio Filippi, allenatore dei portieri della Juventus. Ha illustrato il suo modo di considerare l’estremo difensore e ribadito l’importanza dell’allenamento tecnico proprio del ruolo. Argomento ampiamente trattato nel suo ultimo lavoro editoriale, l’Indispensabile numero 9, scritto con Daniele Borri, intitolato proprio “La tecnica del portiere” e in uscita a metà ottobre.