Eddy Merckx, detto il “Cannibale”, il più grande campione della storia del ciclismo, prima dei Mondiali del 1970 disse: “Quando un brasiliano saprà fare in bici ciò che facciamo noi belgi, allora alzeremo la Coppa del Mondo”. Non sappiamo chi possa essere il brasiliano futuro iridato di ciclismo, ma un pensierino sul Belgio campione iniziamo a farlo.
Martinez, dopo il “non senso” mostrato nei primi 60’ con il Giappone ha rivisto e adattato la squadra e ora ha in campo anche chi fa filtro a centrocampo, non solo chi inventa quando si è in possesso di palla. E così ora il Belgio è in semifinale contro la Francia, che nel pomeriggio ha liquidato l’Uruguay che senza Cavani è parso inesistente.
Tornando al Belgio, la prestazione di De Bruyne nel primo tempo, è stata devastante. Mentre al Brasile è mancato Casemiro nell’unica gara nella quale doveva esserci per forza: fisicità e tecnica non potevano essere arginati da Fernandinho, regista che non contrasta certamente con la ferocia del giocatore dal quale Zidane partiva nel fare la formazione del suo Real.
Neymar, ancora una volta, ha miscelato indisponenza e talento, con gli arbitri che ormai non sembrano interessati alle sue cadute, mentre l’innesto di Renato Augusto è servito per vedere ciò che Tite aveva inizialmente chiesto a Paulinho.
Il Brasile lascia il Mondiale, per noi che lo abbiamo visto nel 1970, nel 1982 e nel 1986 anche questa squadra è parsa lontana dai livelli di eccellenza di allora, ma dovremo rassegnarci perché il calcio è cambiato e la sola tecnica non basta più, soprattutto al termine di una stagione snervante.
Belgio-Francia è una semifinale fantastica, specchio del calcio moderno perché in campo ci saranno solidità e talento. Mancherà il fuoriclasse, ma quello andrebbe spedito a guardarsi i filmati di Gerd Muller e Gigi Riva, gente per la quale essere atterrati era un’onta. Non certamente il modo per conquistare un calcio di punizione.