Diciamo la verità: quella di domenica non è stata una giornata indimenticabile, due vittorie e troppi pareggi. Allora, lo sguardo punta più altrove che non sul campo vero e proprio.
La domenica più “sui generis” la vive Rino Gattuso. Il “Milan delle assenze” va a pochi secondi da una vittoria che sarebbe stata importantissima, non tanto per il sorpasso alla Lazio e il raggiungimento del quarto posto, quanto per l’autostima del gruppo. Il Milan prima ha lasciato sfogare una Lazio piuttosto prevedibile e poi l’ha infilzata con qualcosa in più di un pizzico di buona sorte. Il pareggio di Correa è stato il preludio a un dopogara adrenalinico. Perché questa volta nel mirino dell’allenatore non sono finiti i giornalisti, ma un uomo politico: Matteo Salvini, che aveva invocato dei cambi. Gattuso, schietto e sanguigno come sempre, non ha gradito e ha risposto per le rime. In pratica: “Al Milan ci penso io, tu pensa all’Italia”. A muso duro.
Simone Inzaghi, invece, malgrado il pareggio al 94’ non può sorridere. La sua Lazio ormai è un libro aperto: il 3-5-1-1 è letto da tutti gli allenatori avversari senza particolari problemi, così urge inventare qualcosa di diverso, anche perché il meglio la sua squadra l’ha mostrato con due punte. Il non voler lasciare il campo malgrado l’espulsione, è parsa una scena che in gioventù abbiamo vissuto tutti.
Carlo Ancelotti, invece, ha visto un Napoli un po’ spento: ritmo compassato e poca “cattiveria” nei pressi dell’area di rigore avversaria. Sorrentino, che quando è in giornata, è un muro ha fatto il resto. Lo 0-0 con il Chievo non è certamente figlio del 4-4-2 o del 4-2-3-1, ma sarebbe il caso di approcciare le gare con uno spirito diverso. Perché in Champions la Stella Rossa va subito messa all’angolo.