Tattica: i moduli fluidi

Tattica: i moduli fluidi

L’atteggiamento di diversi allenatori che utilizzano un sistema per attaccare, codificato sui princìpi, e uno per difendere.

 

Senza palla in un modo, in possesso in un altro. Thomas Tuchel, alla sua prima stagione a Parigi, non ha mostrato flessibilità tattica soltanto a livello di sistema di gioco di base (utilizzandone diversi, soprattutto nelle occasioni in cui ha dovuto fronteggiare l’assenza di Neymar), ma anche all’interno della stessa partita. Così è accaduto nell’andata degli ottavi di Champions contro il Manchester, quando il PSG si è allineato in un 4-4-2 in non possesso per passare poi a un 3-4-2-1 con la palla fra i piedi, grazie all’avanzata a sinistra di Bernat e al posizionamento di Di Maria e Draxler da trequartisti dietro Mbappé.

Tuchel non ha certo il copyright di tali soluzioni, abbiamo già visto altri allenatori europei, tra cui Pep Guardiola o Mauricio Pochettino e non solo, sfruttare queste opzioni tattiche. L’attuale è infatti l’era dei moduli fluidi o della polivalenza tattica. E questa “rivoluzione” la si è vista anche dalle nostre parti. Infatti, si è passati da un calcio più “rigido” a uno, appunto, fluido, nel quale il sistema, inteso come la disposizione “statica” in campo dei giocatori (espressa attraverso una serie di cifre) perde di importanza rispetto al comportamento che una squadra ha nelle due fasi di gioco.

“Siamo convinti che il futuro sia la flessibilità tattica” ha confidato Renzo Ulivieri, presidente dell’AIAC e direttore del Settore Tecnico di Coverciano al New York Times “Parlo di squadre che difendono in un modo e attaccano in un altro”.

La rivoluzione della zona
A partire dalla fine degli anni ‘80, l’avvento in Italia di Sacchi e della zona furono accompagnati dalla caratterizzazione delle squadre tramite l’utilizzo di tre cifre (4-4-2, 4-3-3, 5-3-2), volte a quantificare il numero di giocatori che andavano a formare un determinato reparto, a cominciare dalla difesa.

Pian piano, la maggior complessità del calcio ha prodotto serie di numeri anche superiori a “tre” per descrivere un sistema (4-3-1-2, 4-2-3-1, 3-4-1-2…), ma questo non ha eliminato una certa rigidità e staticità di fondo delle squadre. Questa schematicità non era limitata alla fase di non possesso, ma anche a quella offensiva, coi giocatori che tendevano a restare comunque all’interno delle posizioni originali nelle quali venivano posti sulla carta.

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