Il mestiere di allenatore non è qualcosa di facile che si impara unicamente sui libri. Bisogna mettersi in gioco, osservare e soprattutto… fare!
Mi è capitato in passato, e mi accade tuttora, quando discuto e rifletto con addetti ai lavori e non, sul calcio giovanile italiano (magari mettendolo a confronto con altri sistemi sociali, educativi e sportivi di nazioni diverse dalla nostra) di domandarmi come mai nessuno abbia il coraggio di agire, creando una squadra di esperti che sviluppino un piano strutturale per rimodellare sia il nostro sistema scolastico sia quello sportivo (le soluzioni ci sono… se si hanno coraggio e volontà).
Poi abbasso i toni e parto con quello che possono fare realmente nel contesto in cui opero. Allora nasce spontanea una seconda domanda, che mi aiuta a lasciar perdere quel senso di impotenza generato dalla prima. Cosa e come lavorare per suscitare il talento nei bambini e nei ragazzi che giocano a calcio?
Magicamente (e non è un termine casuale) mi tornano in mente i ricordi dell’infanzia, la mia mente proietta immagini di quando giocavo a calcio nella piazzetta del paese e rammento ancora vividamente i miei compagni sorridenti sprizzare di un’energia contaminante, immersi in una sinfonia multisensoriale. Sogno o realtà? Il meraviglioso mondo dell’infanzia è rivissuto grazie a un pensiero volante. Però non ho dato una risposta a quel quesito. Il primo passo per farlo è allargare i nostri orizzonti con lo scopo di condividere spunti da mettere in campo, non solo nella scuola calcio.
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