L’apertura del Master 2020 è del direttore del settore giovanile dell’Inter, storico collaboratore della rivista, che si addentra nei diversi concetti fondamentali.
«È un onore, un piacere e una grande responsabilità partecipare a questo Master “digitale”, perché il rapporto che mi lega alla rivista parte dal primo numero. Sono cresciuto con lei!» Queste le parole introduttive di Roberto Samaden, direttore del settore giovanile dell’Inter, con cui apre il nostro incontro di aggiornamento dedicato a chi si occupa di giovani. Dopo aver ricordato l’amico Cesare Barbieri, nostro storico redattore, prematuramente scomparso a maggio, entra subito nel vivo della sua relazione. Sottolinea che non parlerà del responsabile di settore giovanile in funzione di chi ricopre questo ruolo, ma degli allenatori, per mandare messaggi e offrire spunti di riflessione, per instillare dubbi e dare qualche indicazione.
Tutto è utile
L’intervento di Roberto incomincia volutamente con il suo passato da allenatore prima, da responsabile dell’attività di base poi. E dalla sua formazione scolastica, una laurea in economia, che allora sembrava di poco conto, ma adesso si è dimostrata fondamentale per il nuovo ruolo di direttore, di manager. Il messaggio è chiaro: «Tutto serve e tutto permette di costruire la propria professionalità. Non esiste formazione inutile e un “piano B” deve essere sempre nella testa di chi desidera lavorare nel calcio. Fare un corso, ad esempio, da match analyst può aiutare a migliorare come mister, ma può rappresentare pure una nuova strada.»
Detto questo, resta sul suo percorso all’Inter (oltre 30 anni di carriera in nerazzurro) per ricordare 5 persone che sono state per lui importanti. E anche in tal caso c’è un perché! «Si chiama riconoscenza e ha un doppio significato: non aver paura di ringraziare chi ha sensibilmente influenzato la propria crescita; riconoscere i valori importanti che ti hanno trasmesso. E questo vale tutti i giorni.» I cinque “maestri” sono stati Giampiero Marini (che lo ha indirizzato per primo anche a un incarico di “segreteria”), Massimo Moratti (che gli ha affidato progetti extra-campo interessanti, vedi società affiliate e InterCampus), Piero Ausilio (che lo ha portato dietro una scrivania: «Ho pianto per aver abbandonato il campo, ma ho riconosciuto che l’idea di Piero era quella giusta»), José Mourinho («Ho fatto un master di 2 anni quando ho seguito il ritiro della prima squadra») e Demetrio Albertini (che lo ha avviato alla politica federale).
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