L’utilizzo di questa gestualità tecnico-tattica per rendere davvero efficace il gioco di posizione. Le proposte pratiche per allenarla.
“Io voglio giocatori che dribblano. Perché il controllo e il passaggio si possono imparare… Ma che dribblino e si liberino dell’avversario, questa è la chiave…”. Questa frase è di Pep Guardiola, tratta dal libro “Pep Guardiola. La Metamorfosis” di Martí Perarnau, ed evidenzia bene il concetto di questo articolo.
Interpretazioni errate
L’emergere del gioco di posizione nell’ultimo decennio e la sua grande diffusione, non solo a livello professionistico, ma anche nei campi “di provincia”, sembra aver relegato il dribbling a un ruolo di secondo piano all’interno del calcio: una “mala” interpretazione dei princìpi del gioco di posizione, o meglio una sua forte semplificazione, ha portato a una manovra “rigida”, in cui i singoli calciatori sono fortemente limitati e devono agire esclusivamente entro i confini della loro posizione, come se il successo dell’azione dipendesse esclusivamente dall’occupazione dello spazio, con la palla che si sposta banalmente da una zona (posizione) all’altra.
Si è dunque diffusa parecchio l’idea di una sorta di “gioco di passaggi”, dove l’unica cosa che conta sembra sia muovere il pallone il più possibile. Tuttavia, in realtà, questa modalità di proporre calcio non è altro che una forte “banalizzazione” del vero gioco di posizione, diciamo che è la parte emersa dell’iceberg, quella che a prima vista tutti sono in grado di notare.
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