Il calcio vero non ha più un ruolo

Il calcio vero non ha più un ruolo

Compiti, FUNZIONI e riconoscimento dello spazio sono diventate le vere prerogative del calcio che vediamo e analizziamo oggi. Princìpi che nascono anni fa e arrivano ai giorni nostri. Per rispettarlo dobbiamo stare al suo passo.

La modernità del calcio è la fotografia del primo allenamento di Cruyff al Barcellona. Riconosci lo spazio, muoviti di conseguenza. Conta più quello che fai rispetto a dove sei.

In una calda prestagione del Barça, iniziano così a evaporare i concetti di ruolo e sistema di gioco. Dopo la prima amichevole, il grande Johan disse che l’unico che aveva capito tutto quel che aveva detto era Txiki Begiristain. Oggi l’allora esterno basco è il direttore sportivo del Manchester City. Gli altri, lo hanno capito col tempo. Il mondo ci ha messo un po’ di più, ma alla fine stanno arrivando tutti.

Quel legame col passato ha prodotto uno slancio nel futuro, che vive nel presente, e si è montato su giocatori e idee che nel calcio hanno trovato completa adesione negli ultimi due lustri, col contributo profondo, come dico sempre, dell’analisi, vero fattore che ha cambiato il gioco. Alla presentazione della nuova avventura inglese col Manchester City, Guardiola ha insistito: “Il modello per la mia squadra è il Barcellona di Cruyff, cercheremo di giocare con gli stessi princìpi.” Ma non ha parlato di 3-4-3.

Nell’ultimo Boxing Day, João Cancelo, affrontando il Newcastle, ha giocato parte di gara da esterno, parte da interno, con compiti diversi, e la stessa qualità. A fine incontro si è guadagnato il premio di miglior giocatore, disimpegnandosi nella prima costruzione e nella rifinitura, esibendo corse sul binario e filtranti per gli inserimenti in mezzo, rendendosi ugualmente pericoloso, sia in zona 1 (primi 30 metri) sia in zona 3 (ultimi 30).

Partiamo dall’elemento principale.

Il calcio è e rimane dei calciatori. Ma il calciatore di oggi è diverso rispetto a quello di pochi anni fa. Ha più conoscenze, ha una preparazione più completa, qualità molto più sviluppate, e da anni ormai tutti sono atleti. Ne deriva di conseguenza, da parte del tecnico, una richiesta soprattutto il calciatore riconosce lo spazio perché è nello spazio che assolve delle funzioni. È nata una concezione nuova del rapporto rischio-pericolo, pesando l’utilità e l’efficacia.

La continua ricerca, dettata dall’analisi sempre più approfondita, ha costruito un bagaglio di formazione molto più aperto nei calciatori e oggi i concetti, ad esempio, dello smarcamento non riguardano solo attaccanti e centrocampisti ma coinvolgono sempre più i difensori. In generale, l’interpretazione del calciatore dentro una zona del campo è un elemento molto profonda e dettagliata, una vera e propria esigenza di valorizzare i contenuti.

Esistono specificità date dalla crescita che portano il calciatore a performare meglio in una zona del campo piuttosto che in un’altra, naturale, ma tutti giocano, palleggiano, sono sollecitati a svolgere più compiti, molto spesso usano entrambi i piedi (toccano con l’interno e l’esterno), fintano, cercano di ingannare l’avversario, “orientano” in tutti i settori del terreno di gioco perché hanno accresciuto una personalità che li porta a essere sempre più protagonisti.

Nota: Questo testo rappresenta un abstract dell’articolo di Daniele Adani, pubblicato su Il Nuovo Calcio n. 336, febbraio 2021 alle pagine 6-10

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