Tattica
Una doppia analisi sui benefici delle partenze del gioco dai difensori centrali e dell’esecuzione di duelli 1>1, fatta su 21 partite della massima serie italiana. Cosa è emerso dallo studio dei numeri.
Oggi nelle scuole calcio, ma anche nei programmi televisivi si parla in continuazione di tiki-taka: è sulla bocca di tutti, ma cosa significa realmente? L’espressione tiki-taka è stata coniata e resa popolare dal giornalista spagnolo Andrés Montes, che descrisse in questo modo il calcio praticato dalla nazionale spagnola di Luis Aragones: “Estamos tocando tiki-taka tiki-taka”. L’origine della frase è probabilmente di natura onomatopeica, perché la locuzione riproduce il suono del pallone passato velocemente e a breve distanza tra i giocatori. Tale stile di gioco fu adottato abitualmente dall’ex-allenatore del Barcellona Josep Guardiola (ora al Manchester City, dopo l’esperienza al Bayern Monaco), che, grazie a giocatori fisicamente brevilinei e molto tecnici come Xavi, Iniesta, Fabregas, Pedro e… Messi, riusciva a mantenere a lungo il possesso del pallone con l’intento di monopolizzare il gioco e poi ripartire quando l’avversario si stancava di correre e di pressare, commettendo di conseguenza qualche errore di troppo. Nel tiki-taka l’aspetto fisico e agonistico del calcio viene ridimensionato, determinando un’inversione di tendenza rispetto alle mode del passato: il catenaccio italiano e il “calcio all’inglese” basato su lotta, palla lunga e contrasti. Il tiki-taka consente di difendersi semplicemente tenendo palla, obbligando l’altra squadra a correre a vuoto per tentare di conquistare il pallone.
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