Attaccare una squadra chiusa

Attaccare una squadra chiusa

Quali possono essere gli sviluppi di gioco se i nostri avversari non portano una pressione ultra-offensiva? Come possiamo comportarci se attendono nella loro metà campo? Come possiamo attaccare una squadra chiusa? I concetti da tenere presenti e una seduta dimostrativa incentrata su questa finalità.

Prima di addentrarci nei princìpi cardine utili a sviluppare una tattica di gioco efficace per attaccare una squadra chiusa, con un atteggiamento difensivo che incomincia in prossimità dalla linea di metà campo, credo sia importante evidenziare come il tema in discussione sia talmente ampio e complesso da lasciare spazio a molteplici sviluppi e filosofie. Nel calcio, ove l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, sarà fondamentale per un allenatore, unitamente al proprio staff, pianificare, elaborare e sviluppare una programmazione il più possibile minuziosa in funzione del sistema e del modello di gioco, oltre che della metodologia da perseguire in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati.

Pertanto, a seconda dell’idea calcistica che si intende trasferire al proprio undici, una priorità è scegliere di farsi affiancare da figure professionali che abbiano caratteristiche e capacità idonee per “tradurre” sul campo l’intero impianto organizzativo elaborato. Tale impianto deve scrupolosamente tenere in considerazione le fasi che compongono il ciclo del gioco, proprie del modello prestativo che è la partita:

  • possesso;
  • transizione difensiva;  
  • non possesso;
  • transizione offensiva.

Il vero obiettivo

Sulla base delle fasi evidenziate, le proposte allenanti hanno lo scopo di stimolare nell’atleta quei fattori tecnico-tattici, metabolici e cognitivi che lo porteranno a maturare delle conoscenze tecniche e cognitive funzionali al sistema proposto. Il tutto rendendolo capace sia di riprodurre in campo giocate codificate in allenamento, sia di compiere scelte autonome propedeutiche all’organizzazione pensata. Affinché il sistema venga più facilmente appreso, consentendo alla squadra di affrontare al meglio l’intero iter della partita e la sua complessità, nella strutturazione delle sedute tecnico-tattiche debbono attuarsi delle vere e proprie semplificazioni del modello di gioco.

Questo può avvenire suddividendo l’allenamento in piccoli segmenti per permettere all’atleta di “digerire” gli stimoli raggiungendo in tal modo una performance di successo. Il training proposto deve ricreare quanto più fedelmente possibile tutto ciò che accade in partita, divenendo un importante momento di prova e soprattutto di crescita. Per tale motivo, è determinante la modalità con cui l’atleta si approccia a ogni sessione. Un atteggiamento proattivo da parte di ogni singolo e una partecipazione attenta dal punto di vista cognitivo sono fondamentali per sviluppare quelle conoscenze calcistiche in grado di ampliare le competenze di ognuno e diffondere un modello di gioco.

Inoltre, un’approfondita e diretta consapevolezza da parte del calciatore di se stesso e delle proprie capacità tecnico-tattiche è necessaria per comprendere bene i temi sui quali si sta lavorando e su ciò che deve essere capace di effettuare e gestire nel corso della gara. L’atleta-calciatore deve essere posto al centro del progetto tecnico e considerato non come mezzo, ma come il fine ultimo per raggiungere gli obiettivi preposti. Si tratta, difatti, dell’unico e vero protagonista capace di tradurre sul campo il pensiero calcistico dell’allenatore.

La scelta

Partendo da tale assunto, reputo prioritario dare vita a una progressione e a un percorso formativo, che fornisca al calciatore gli strumenti necessari per riconoscere il contesto in cui si trova e decidere opportunamente e autonomamente quali siano le scelte più opportune. Gianluca Sinopoli, scrittore e regista cinematografico, asseriva che “C’è un istante per capire qual è la cosa giusta da fare e un altro per trovare il coraggio di farla. In molti, il secondo, se lo perdono”. Il giocatore, proprio tramite le sessioni di addestramento che hanno una stretta relazione con ciò che verosimilmente accade in una partita, viene messo nella condizione di “saggiare” e capire quali scelte eseguire tra le molteplici a sua disposizione.

Altrettanto fondamentale è, a questo punto, creare delle “postazioni” di lavoro appropriate e un’adeguata organizzazione degli esercizi tecnico-tattici. Parlo di un setting che nell’ambito delle scienze sociali si riferisce all’ambiente nel quale avviene un evento e all’insieme dei fenomeni comportamentali. Nel nostro caso è rappresentato sia dal contesto di gioco sia da quello allenante. All’interno del quale hanno luogo le attività analitiche e situazionali, nelle quali sviluppare le esperienze e i comportamenti che diventeranno poi la mappa di ogni squadra. Riassumendo, per la realizzazione di un pensiero calcistico, credo fortemente necessari tre requisiti:

  • atteggiamento proattivo da parte dell’atleta-calciatore;
  • la crescita tecnico-cognitiva attraverso l’esperienza didattica;
  • la capacità dell’atleta di effettuare scelte adeguate.

L’attacco posizionale

Ho ritenuto doveroso questo incipit per far comprendere meglio l’approccio lavorativo mio e dello staff nella stesura di un programma lavorativo giornaliero. Quando si prepara una stagione, implementare un qualsiasi modello di gioco, fornire ai giocatori dei codici coi quali siano in grado di gestire il ciclo del calcio, non è semplice e tantomeno scontato. Le considerazioni, infatti, sono numerose. A partire dalle caratteristiche tecniche e umane dei calciatori per arrivare alle relazioni che si creano tra loro, al contesto in cui si lavora, oltre a tenere in debita considerazione gli obiettivi da raggiungere e le aspettative da soddisfare.

Passiamo ora ad esaminare l’aspetto puramente tecnico-teorico e tecnico-da-campo, della fase offensiva. Quando parliamo della fase offensiva nella realtà generalizziamo un concetto: infatti, facciamo riferimento a un macro-contesto del quale fanno parte l’attacco posizionale, la riconquista della palla e il conseguente riattacco o sviluppo della transizione positiva e i calci piazzati. Nello specifico vedremo l’attacco posizionale in presenza di avversari che difendono sotto la linea della palla e in prossimità della linea mediana del campo. Questo l’argomento tecnico-tattico dell’articolo. Anche l’attacco posizionale è costituito da un contesto più ampio in quanto si suddivide in:

  • attacco diretto – sono quelle fasi di gioco in cui i passaggi partono dai difensori e hanno lo scopo di “saltare” il blocco squadra avversario e raggiungere direttamente gli attaccanti che si propongono in profondità alle spalle della linea dei rivali. In sintesi, ci si riferisce a soluzioni lunghe che scavalcano appunto tutte le linee avversarie;
  • attacco verticale – è quell’attacco in cui sono presenti passaggi che attraversano verticalmente le linee di pressione, ad esempio le imbucate, per trovare un “uomo-raccordo” tra le varie linee di pressione avversarie per la seguente rifinitura oppure per attaccare direttamente la linea difensiva avversaria;
  • attacco manovrato – è costituito da quella fase in cui i giocatori si trasmettono la palla da un settore all’altro, da destra a sinistra ad esempio, con lo scopo di destabilizzare l’impianto difensivo dei rivali e ricercare il momento opportuno per attaccare e superare l’ultima linea di pressione, andando a trovare negli spazi concessi quei giocatori che fungono da raccordi con capacità di soluzione nell’1>1 o con sensibilità di assist in zona rifinitura. Tale meccanismo può avvenire tramite lo sviluppo per vie esterne, aggirando l’impianto difensivo degli opponenti, oppure internamente in quei settori che separano i reparti.
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