Stadium 974 – Doha
È uno degli stadi più interessanti sia per quanto riguarda il nome sia per la sua composizione. 974 è, infatti, il prefisso telefonico internazionale del Qatar. Ma non è finita qui. Lo stadio è composto da strutture prefabbricate e container. Questi particolari materiali gli permetteranno di essere il primo impianto totalmente smontabile nella storia dei Mondiali. L’intreccio tra container e la griglia strutturale richiama i grandi magazzini portuali e anche in questo caso non si tratta di una semplice coincidenza. Lo Stadium 974, noto anche con il nome di Ras Abu Aboud Stadium, è l’unico impianto ad affacciarsi direttamente sullo skyline di Doha e sul Golfo Persico.
Al Bayt Stadium – Al Khawr
È quasi sicuramente il più iconico, impossibile da confondere con altri a causa della sua originale struttura che somiglia a quella di una gigantesca tenda beduina. Sarà la sede della gara inaugurale della competizione ed è l’unico impianto “lontano” dalla capitale, poco meno di 50 chilometri a nord di Doha. L’evento più importante che ha ospitato fino ad ora è stato la finale della Coppa Araba del 2021, organizzata dalla FIFA. Dopo la Coppa del Mondo lo stadio sarà in parte smontato e trasformato come se fosse una vera e propria tenda. Ad esempio la sezione riservata agli sky box diventerà un lussuoso hotel a 5 stelle, mentre un’altra parte della struttura sarà destinata a Paesi in via di sviluppo che necessitano di nuove infrastrutture sportive.
Lusail Stadium – Al Daayen
Posta 20 chilometri a nord della capitale qatariota è stata l’ultima struttura a essere inaugurata, solo lo scorso settembre. Questo anche perché insieme allo stadio, negli anni, è praticamente nata una nuova città che prima non esisteva. Con una capienza di oltre 80.000 posti è il più grande impianto sportivo del Paese. Anche in questo caso i rimandi alla tradizione sono forti. La facciata si ispira sia alle tradizionali ciotole artigianali sia alle lanterne, grazie a giochi di luce e ombra tra copertura e sistema di illuminazione. Sarà il primo a ospitare, in un’unica edizione della Coppa del Mondo, ben 10 partite stabilendo un nuovo record.
Non è tutto oro quello che luccica
Stadi super-innovativi, livelli di sostenibilità mai raggiunti prima, comfort dentro e fuori dal campo… ma a quale prezzo? Le stime parlano di circa 6,5 miliardi di dollari solo per costruire tutto ciò che riguarda la parte sportiva del Mondiale: stadi e campi d’allenamento, in particolare. Ma non è solo questo il “costo pagato” per la realizzazione della Coppa del Mondo. Tutte queste costruzioni hanno richiesto la manodopera di migliaia di operai che si sono trovati a lavorare in condizioni a dir poco difficoltose: temperature elevatissime, sicurezza precaria, turni estenuanti e paghe misere. I dati “ufficiali” parlano di una trentina di morti di cui solo tre direttamente collegati alla costruzione degli impianti.
Ma secondo altre fonti sono molti di più. Un’inchiesta del Guardian del 2021 ha rivelato come queste gigantesche opere sorgono sulle spalle dei morti. Secondo le loro indagini, tra il 2010 e il 2020 le vittime sono state circa 6.500, quasi due al giorno, 12 alla settimana. Questa cifra conteggia non solo gli incidenti sul posto di lavoro ma anche le morti legate alle condizioni inumane a cui sono stati costretti gli operai.
Per questi motivi e non solo, ci sono state numerose proteste, dentro e fuori dal campo. Alcune città francesi, tra cui Parigi, hanno deciso che non allestiranno nessun maxi-schermo per trasmettere le partite. Sicuramente ha avuto più risonanza il dissenso espresso, durante le qualificazioni europee alla Coppa del Mondo, da nazionali come Germania, Norvegia, Olanda e Danimarca che hanno indossato maglie a favore dei diritti dei migranti-lavoratori.
Proprio la Danimarca ha deciso di continuare la sua protesta durante il Mondiale attraverso le proprie divise da gioco, in maniera sicuramente non convenzionale. Logo della federazione danese e sponsor sono praticamente trasparenti. Le scritte politiche sugli indumenti da gioco sono vietate dalla stessa FIFA, quindi Hummel (che ha realizzato le maglie) ha scelto di essere il meno visibile possibile. In un comunicato la stessa azienda ha ribadito il pieno supporto alla selezione danese ma la sua ferma condanna a quanto accaduto nella preparazione della Coppa del Mondo.
Chiedere ora il boicottaggio dei Mondiali e gridare allo scandalo è però un po’ da ipocriti dopo anni di quasi assoluto silenzio. Sarebbe troppo facile segnare con il dito questa manifestazione, ora che la Nazionale ne è esclusa e i lavori conclusi. Sicuramente è necessario almeno riflettere su quanto accaduto per evitare di ripetere gli stessi errori in futuro.
Per vedere qualche altra immagine, approfondisci con questo video. Se invece vuoi scoprire di più sul Mondiale, ecco l’intervista a Lele Adani targata Il Nuovo Calcio.
Autore: Tommaso Pirovano
Foto:123.RF