Ogni organizzazione collettiva si basa sulle azioni del singolo giocatore che deve conoscere le varie opzioni di comportamento. Una sintesi di quelle più comuni in fase di non possesso.
Al giorno d’oggi, i dati statistici disponibili alla fine di una partita sono moltissimi. Uno di questi, universalmente presentato all’inizio di ogni studio, è quello relativo al possesso palla; ci dice per quanto tempo la nostra squadra è stata in fase offensiva (di possesso) o difensiva (non possesso). Nella media, i dati del possesso sono sempre compresi tra il 40 e il 60%, solo in rarissimi casi si assistono a partite in cui un undici ha la gestione del pallone per oltre il 60% del tempo effettivo rispetto agli avversari. Questo significa che anche le squadre dominanti spendono almeno il 40% del tempo in difesa. Negli ultimi anni, poi, diversi undici hanno vinto campionati e tornei importanti avendo un possesso medio inferiore o pari al 50% per partita (ad esempio il Portogallo a Euro 2016 e la Francia ai Mondiali del 2018 o ancora il Liverpool nella scorsa Champions League). Per tale motivo, l’attenzione ai princìpi e alle esecuzioni delle azioni difensive è molto importante per un allenatore, anche se non rappresenta la parte più “sexy” nella costruzione e nell’implementazione del proprio modello di gioco.
Una scelta a priori
Come sempre affermiamo, il calcio è uno sport complesso, dove i comportamenti tattici (quindi anche quelli di- fensivi) devono essere definiti collettivamente e sulla base delle azioni nelle altre fasi del calcio, ma molta importanza rivestono i comportamenti individuali: questi rappresentano l’esecuzione dei princìpi collettivi stabiliti dall’allenatore. Per comprendere come organizzare la fase difensiva è bene fare chiarezza su cosa, di fatto, i nostri giocatori sono chiamati a compiere quando la squadra si trova senza il pallone.
Scopri di più sul numero di luglio: in edicola e disponibile anche attraverso abbonamento cartaceo o digitale. Per info: serviziolettori@sportivi.it