Definirlo una sorpresa ormai non è più il caso: il Sassuolo di Di Francesco e del patron Squinzi è una delle realtà calcistiche più interessanti del nostro paese. Gioco palla a terra, in verticale, continuo movimenti degli offensivi, inserimenti dei centrocampisti e un’anima… italiana.
La storia di Eusebio (sì, il padre era un ammiratore del grandissimo giocatore portoghese) Di Francesco a Sassuolo inizia dalla “B”: arrivato dopo una promozione in A sfuggita ai play-off contro la Samp, si trovò a gestire una stagione incominciata con un “ridimensionamento” nel budget. In realtà, quei dodici mesi si trasformano in una splendida cavalcata verso la massima serie ottenuta con una vittoria all’ultimo istante dell’ultima gara di campionato contro il Livorno. E dal quel 18 maggio 2013 sono ormai trascorsi tre anni. Tre anni che hanno visto l’undici del patron Squinzi, dopo una prima stagione di assestamento (Di Francesco viene esonerato e poi richiamato), affermarsi in Serie A e soprattutto affacciarsi prepotentemente alla zona Europa League grazie a un gioco spumeggiante, aggressivo e “verticale”. Ma non basta questo per spiegare i successi ottenuti sul campo: dietro c’è un’altra “squadra” decisiva. È quella societaria. Da qui bisogna partire per comprendere le “vittorie” dei neroverdi.
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