Ecco una doppia puntata della rubrica di Alessandro Zauli, l’ultima di questa stagione. Paulo Amaral, tecnico brasiliano, e l’italianissimo Eugenio Fascetti i due mister messi sotto la lente di ingrandimento della… storia.
Il primo, Paulo Amaral, è un gigante brasiliano, alto quasi due metri, con una discreta carriera da centromediano negli anni Quaranta tra Flamengo e Botafogo (3 campionati Carioca vinti). In realtà viene ricordato più nei panni di preparatore atletico, di “sergente di ferro” dalla testa rasata e dai metodi di allenamento da vero “ginnasiarca”.
Un lavoratore instancabile che trascinò sul tetto del mondo il Brasile in due edizioni del Mondiale, Svezia 1958 e Cile 1962. Guidò poi Botafogo e Vasco da Gama, pur continuando l’attività di allenatore atletico della Nazionale brasiliana. Fino alla chiamata della Juventus e l’occasione di mettersi in luce in Italia, diventando il primo allenatore nella storia del calcio nostrano ad attuare un’inedita difesa a zona nella madrepatria della marcatura a uomo. E questo alla base di un “sistema alla brasiliana”. Ma, dopo appena una stagione, uno scudetto mancato e una Coppa delle Alpi conquistata, lascia il nostro Bel Paese.
Il secondo, Eugenio Fascetti, prima indossa le maglie di Bologna, Juventus e Lazio – conquistando lo Scudetto a Torino nel 1960-61 – poi incomincia una nuova strada, quella da allenatore. Nel 1977-78 partecipa al Supercorso a Coverciano – voluto da Italo Allodi – per vivere la sua prima esperienza da mister a Varese. Promozione in Serie B nel 1979-80, seguito da altri cinque incredibili “salti” nel massimo campionato tra Lecce, Lazio, Torino, Verona e Bari. Un tecnico che da sempre ha pagato la sua sincerità – ad esempio la considerazione sul calcio di Bearzot – con la mancanza di una vera grande occasione su una panchina importante, ma dalla carriera certamente invidiabile…
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