I primi princìpi della transizione: attacco e difendo

I primi princìpi della transizione: attacco e difendo

L’utilità di allenare anche con i Pulcini i primi princìpi della transizione. Le esercitazioni ottimali per questo obiettivo.

Accanto alla fase di possesso e quella di non possesso, esiste un altro “periodo” della gara, chiamato di transizione, che coincide con il passaggio tra il momento offensivo e quello difensivo (transizione negativa) e viceversa (transizione positiva). Negli adulti l’importanza delle transizioni è dimostrata da alcuni studi nei diversi campionati professionistici: questi certificano che un’alta percentuale dei gol viene realizzato dopo una riconquista palla, sviluppando un contrattacco che coinvolge un numero ridotto di giocatori (2-3). Il tutto in pochi secondi. Essere in grado di reagire prontamente ai cambi di possesso, insomma, può risultare determinante per segnare un gol o per evitare di subirlo.

Dopo la riconquista della palla

In questa fase di gioco si creano due possibilità. La prima è quella di guadagnare campo in conduzione palla o verticalizzare, forzando la giocata per sorprendere gli avversari (come nei gol sopra descritti). Generalmente viene scelta questa soluzione nel caso in cui sopra la linea della palla vi sia una situazione numericamente favorevole (almeno di parità numerica) e/o la riconquista avvenga in zona ultraoffensiva. Nel caso in cui vi fossero giocatori sopra il pallone non coinvolti nell’azione difensiva di riconquista, questi dovrebbero già predisporsi per un’eventuale ripartenza, con l’orientamento del corpo ideale e il posizionamento in un settore del campo favorevole. Il rischio di forzare la situazione e ribaltare velocemente l’azione è quello di perdere immediatamente il possesso. La seconda opzione, che evita questo pericolo, ma allo stesso tempo non permette di sorprendere gli avversari con un rapido contrattacco, prevede che la squadra che conquista palla decida di “metterla in sicurezza”. È utile che i giocatori imparino a dare “peso” al primo passaggio, quando una verticalizzazione sarebbe sconveniente, scegliendo un appoggio laterale o all’indietro.

Dopo la perdita della palla

Questo momento della gara è altrettanto determinante e spesso il più faticoso, soprattutto a livello mentale. Nella transizione negativa l’aspetto psicologico è infatti fondamentale. Trasformare la propria azione da offensiva a difensiva può essere considerata un’attitudine da preparare con attenzione in settimana. Anche in questo caso si creano principalmente 2 possibilità. Nella prima, più propositiva, coraggiosa e probabilmente difficile da trasmettere, la squadra prova a riconquistare immediatamente il pallone, difendendo “in avanti”. Il giocatore avversario che conquista la sfera viene immediatamente aggredito e così gli appoggi grazie alle scelte dei giocatori più vicini al pallone. Tale modo di agire e intendere la transizione negativa permette di rimanere corti e alti nel campo. Il Barcellona di Guardiola è stato maestro nell’interpretazione di tale filosofia. Il rischio che la squadra corre è quello di concedere profondità. Il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di ottenere palla in zona offensiva (più vicini alla porta avversaria). La seconda opzione prevede un indietreggiamento della squadra che perde il possesso, in modo tale da chiudere gli spazi e ritrovare equilibri difensivi. È mediamente un atteggiamento più difensivista, meno propositivo, ma è importante da riconoscere e attuare in specifiche situazioni di gara. In entrambi i casi è indispensabile reagire prontamente sia dal punto di vista mentale sia motorio.

Coi bambini?

Come detto in precedenza, la transizione può considerarsi per certi versi un’attitudine mentale da allenare, sebbene sia riduttivo non valutare gli aspetti tattici che ne derivano. La transizione negativa è tra le due fasi la più impegnativa a livello fisico, ma soprattutto “nella testa”. Prima ancora di pensare a come reagire collettivamente (in avanti o indietro), occorre insegnare a reagire individualmente e cioè a trasformare repentinamente la propria azione da offensiva (“divertente”) a difensiva (“faticosa”). Banalmente uno dei primi princìpi per la transizione da insegnare nel calcio dei più piccoli potrebbe essere: quando perdi la palla, cerca di riconquistarla subito. E, anche nell’attività di base, possono essere strutturati obiettivi più specifici legati alla transizione negativa, riferiti a orientamento del corpo e lettura della situazione. Il calcio dei bambini dagli 8 ai 10 anni si gioca su campo ridotto con un numero di giocatori che cresce da 5 a 7. Le transizioni sono frequenti in un incontro di Pulcini, eppure durante l’allenamento di una situazione (1>1, 2>1…) spesso l’istruttore ferma l’azione nel momento in cui la palla viene conquistata dai difendenti. È giusto? Sicuramente no, anche perché in gara (pure nei piccoli), il gioco non si interrompe al momento del cambio di possesso! Abituando a stabilire degli obiettivi di gioco in caso di recupero (gol nelle porticine, guida oltre la linea di meta…) o di perdita palla (recupero palla in 3’’, inseguimento dell’avversario…) si allenano i bambini ai cambi di compiti che ritroveranno in partita. Non solo: crescono il ritmo dell’esercitazione e il livello competitivo della stessa. Nelle proposte che seguono si cerca di stimolare il bambino a reagire repentinamente al cambio di attività, che coinvolge cambio di ruolo (offensivo-difensivo e viceversa), ma anche il cambio di spazi e di situazioni di gioco.

Le proposte pratiche

Ecco alcune esercitazioni per insegnare ai più piccoli i primi princìpi della transizione.

Primo esercizio

Il giocatore A1 guida palla fino ai cinesini davanti a sé e calcia in porta; non appena conclude, parte l’azione offensiva di B1 (in maniera speculare), che deve guardarsi da A1, il quale cerca di sottrargli il pallone in rimonta. Allo stesso modo, ad azione conclusa (tiro di B1 o intervento difensivo di A1), incomincia l’attacco di A2, che B1, in transizione negativa, ha il compito di interrompere. Finito il tutto, i giocatori si dispongono in fila e si preparano per un nuovo turno. Un’adeguata distanza tra le postazioni di tiro e di partenza permette alla rincorsa del difendente di avere successo. Si può calciare in porte coi portieri oppure in porticine. Si possono assegnare: 1 punto per il gol, 2 punti in caso di tackle o intervento difensivo prima del tiro (figura 1).

Secondo esercizio

Il giocatore A1 affronta B1 in un 1>1 all’interno del quadrato (dal quale il difendente non può uscire). A1 cerca di superare B1 uscendo dal quadrato ma non lateralmente, e concludere in porta. Ad azione finita (tiro o palla persa), l’elemento A1 trasforma repentinamente il suo comportamento da offensivo a difensivo, poiché B2 parte in conduzione palla per segnare (figura 2). Lo stesso esercizio può essere proposto in situazione 2>2. Le dimensioni dei quadrati e le distanze variano in base a età e livello tecnico.

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