L’ultimo articolo di questa mini-serie curata dall’autore dedicata ai più piccoli tocca l’argomento del tiro in porta. Alcune progressioni di lavoro e l’importanza di incentivare e “premiare” sempre questa gestualità.
“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di 9.000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. Per 36 volte i miei compagni si sono affidati a me per il tiro decisivo… e l’ho sbagliato. Ho fallito tante e tante e tante volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Chi ha detto questa frase? Michael Jordan, probabilmente il miglior cestista al mondo, non ce ne voglia Lebron James.
Mi piace la sensazione che lasciano le sue parole. Immediatamente mi viene in mente che continuare a provare ci può solo migliorare, vincendo poco alla volta la paura di sbagliare e quindi di tentarci. Quest’idea mi ha conquistato, a tal punto, che durante ogni allenamento vorrei trasferirla a quanti più bambini possibili, vorrei che provassero e sperimentassero liberamente senza la paura di essere giudicati troppo severamente e di conseguenza bloccarsi. Vorrei che il continuo ripetere un gesto li portasse a interiorizzarlo, a sentirlo proprio e di conseguenza a utilizzarlo con naturalezza nel gioco (duelli, situazioni, gare… persino al parco e in casa, magari in salotto). Il tiro in porta non fa eccezione, anzi, fin dalla tenera età la maggior parte delle esercitazioni, dei duelli e delle proposte ludiche deve avere la finalità del calciare in porta, ancor meglio se parliamo di una porta vera e propria con un bel portiere a difenderla! Attenzione intendo una vera porta (pali, traversa e rete compresa!) perché non c’è cosa più motivante per un bambino che gonfiare la rete!
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