È appena andata in archivio la settimana di calcio femminile in cui le azzurre del ct Soncin, intervistato da Il Nuovo Calcio sul numero di febbraio, sono scese in campo per un doppio impegno amichevole in vista delle qualificazioni in programma ad aprile per il prossimo Europeo.
Prima uno 0-0 con l’Irlanda in cui si poteva certamente fare di più, poi un rotondissimo 5-1 patito per mano della Nazionale Inglese (campione d’Europa in carica e vice campione mondiale), che manifesta il gap tra due mondi ancora lontani, seppur non più inavvicinabili. Basti pensare che proprio le azzurre, nello scorso mese di dicembre, riuscirono a battere la Spagna campione del mondo per 3-2 in Nations League.
Ma al di là delle analisi tecniche, è tempo di analisi “emotive”, con quella miriade di emozioni che lo scorso venerdì, al Viola Park di Firenze, ha preso per mano un intero movimento trascinandolo, passo passo, oltre il rettangolo verde, fino all’abbraccio azzurro che ha stritolato quella ragazza ricciolona con il numero tre sulle spalle, Sara Gama. La capitana dell’Italia lascia la Nazionale (e probabilmente a fine anno dirà addio anche alla Juventus), e lo fa dopo 140 presenze sparse nel corso di due decenni. Ed in questi due decenni è davvero successo di tutto.
La storia di Sara Gama
Trieste, 1989. Un uomo congolese ed una donna triestina, diventano genitori di una bambina che ci metterà appena 7 anni a ritrovarsi per strada a giocare con i suoi amici, rincorrendo quel pallone. Poi arriva la prima squadra, Zaule Rabuiese, e quel ruolo di centrocampista che con il tempo diventerà difensore. Ecco gli anni alla Polisportiva San Marco, al Tavagnacco, al Chiasiellis (in Friuli), a Brescia (dove vince uno scudetto, una coppa nazionale e due supercoppe italiane)., fino allo sbarco negli Usa e al Paris Saint-Germain. Dal 2017 è il numero 3 della Juventus Women, dove vince cinque scudetti, tre coppe Italia e tre supercoppe italiane. Nel mezzo anche una laurea in lingue.
Voce del verbo cambiare
A vent’anni Sara Gama era una delle 18 mila atlete tesserate che praticavano questo sport. Oggi se ne contano oltre 36 mila. Un percorso di cui si è fatta carico, vuoi per carisma, per passione, per intelligenza e competenza, che è sfociato addirittura in quell’insperato professionismo. Successi e cadute, vetrine, come quel Mondiale in Francia in cui l’Italia approda fino ai quarti di finale ed un mondo intorno che inizia a guardare e a farsi delle domande. Per le risposte basta la passione, il sacrificio, di Gama, come delle sue compagne, che credono fortemente in un sogno più grande di loro. E ci credono perché è nella loro indole, è il loro ossigeno, perché non possono farne a meno, perché perfino la Barbie sceglie la triestina come atleta a cui dedicare un bambola in virtù di un modello da seguire.
Il cambiamento è in atto e ha preso una direzione ben precisa.
L’inizio di un viaggio straordinario
“Noi ragazze abbiamo avuto una forza in più che ci ha mosso con moto costante ed è la forza che solo la capacità di sognare qualcosa di più grande ti può dare, questa forza è il coraggio di pensare di cambiare il volto del nostro sport in Italia“. Questo il messaggio di Sara Gama nel 2018 alla festa dei 120 del calcio azzurro di fronte persino al Presidente dello Stato Sergio Mattarella.
Venerdì scorso al Viola Park, ci ha pensato il presidente Gravina ad omaggiarla con una maglia e con un pensiero che vale un grande attestato di stima. “Per tutto il movimento Sara è un simbolo. Per noi comunque non è un addio, lei è una grande risorsa che valorizzeremo in futuro. Fuori dal campo è stata poi una protagonista instancabile nel far concentrare l’attenzione della parte politica sul movimento femminile e nel far rispettare la pari dignità e la rivendicazione dei diritti“.
“È stata una bella giornata – ha invece dichiarato la capitana azzurra – un bel viaggio con una degna conclusione. Per il futuro vedremo, il futuro è il mio presente, ho tanti impegni con il club, col sindacato calciatori, a me piace vedere le opportunità che si presenteranno poi valuterò, ora non faccio programmi. Sono certa che chi indosserà la fascia dopo di me continuerà a dare l’esempio“.
Sara Gama è un esempio di determinazione fuori dal comune e forse non sa che se questo viaggio è divenuto così straordinario è perché straordinario lo ha reso lei. Chissà se almeno si è accorta di essere solo all’inizio o se il biglietto che aveva tra le mani a 7 anni, quando calciava quel pallone con i suoi amichetti, era un biglietto di solo andata.