Il terzo approfondimento sulle varie categorie/annate del settore giovanile ci porta questo mese ai Giovanissimi. La differenza fra età biologica e cronologica, gli aspetti più importanti sui quali insistere, gli obiettivi da perseguire e una proposta di microciclo.
La categoria Giovanissimi potrebbe essere definita come quella “del cambiamento” per gli innumerevoli aspetti che durante i 2 anni di attività mutano nei ragazzi e che riguardano sia la parte strettamente calcistica sia quella della persona in generale. Entrambe, ovviamente, si influenzano a vicenda. Tra tutte le categorie giovanili è quella che dovrebbe avere una maggior richiesta di impegno e attenzione da parte degli adulti di riferimento. Sono infatti molteplici le situazioni che si presentano quotidianamente e che, soprattutto, sono in continua evoluzione.
La programmazione
È sempre difficile e molto spesso inutile pianificare una serie di sedute senza conoscere i ragazzi che compongono una squadra, cosa che vale per tutte le categorie.
Gli obiettivi
In materia di programmazione è determinante conoscere quali siano le finalità della categoria, per poi tarare il tutto in base ai ragazzi in organico. Nell’ottima pubblicazione di qualche mese fa di Enrico Battisti, “Giovanissimi e Allievi – La metodologia di allenamento” per la collana Gli Indispensabili de Il Nuovo Calcio, vengono elencati 11 punti che provano a riassumere ciò che un ragazzino dovrebbe possedere e praticare al termine del percorso svolto nell’attività di base, cui vi rimandiamo.
Scrive poi Enrico a pagina 39: “…A volte i giocatori giungono al termine degli Esordienti portandosi dietro enormi carenze… Dobbiamo verificare tali carenze e abilità”. Purtroppo, infatti, anche dopo 7 anni di calcio, approdano alla categoria ragazzi che non sanno (solo per fare qualche esempio) calciare con il piede non dominante, colpire di testa o hanno giocato sempre nello stesso ruolo e incontrano grandi difficoltà anche in facili scelte di gioco. Ecco allora che vi è la necessità di individualizzare e personalizzare il nostro intervento, creando degli appositi “spazi” nella nostra seduta, in modo che ogni giocatore, con pregi e difetti differenti, possa essere aiutato a superare i propri limiti e ad imparare a sfruttare al massimo le proprie potenzialità (che talvolta rimangono sopite e inespresse).
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