La metodologia dell’allenatore. Ambiente, errori e creatività

La metodologia dell’allenatore. Ambiente, errori e creatività

Nelle passate stagioni abbiamo analizzato modalità di gestione, aspetti tecnici e comportamenti degli allenatori dell’attività di base grazie a gruppi di lavoro composti da tecnici professionisti che si sono confrontati tra loro. A partire da questo numero ci dedicheremo al calcio a undici insieme a Lorenzo Vivarelli (Pisa), Lorenzo Magi (Cesena) e Alfredo Sebastiani (Südtirol); con loro siamo pronti ad approfondire durante tutta la stagione calcistica quelle che sono le particolarità della gestione della fascia agonistica dove bisogna saper lavorare con ragazzi che hanno appena finito di essere bambini e che approderanno da qui a qualche anno al mondo degli adulti.

In questo articolo andremo ad analizzare diversi aspetti tecnici, relazionali e di gestione che toccano le annate del settore giovanile agonistico come percorso di crescita fatto di errori costruttivi, sempre volti a migliorare l’individuo per migliorare il gruppo.

Si parte dal singolo

Non c’è un’unica strada che vada bene per tutti per quanto riguarda la formazione del giocatore; si comincia dalla conoscenza, dal fatto che la squadra possa essere nuova o meno, per adattarsi alle situazioni, al gruppo. Il principio che ci deve guidare come educatori è che si deve sempre guardare alla costruzione del giocatore e al benessere dei ragazzi. Poi chiaramente i concetti variano da squadra a squadra perché dipende sempre da chi abbiamo di fronte: ci vuole sicuramente un periodo iniziale di conoscenza, di studio, di osservazione; dopo questo momento di valutazione si stabilisce in che modo si può arrivare agli obiettivi che si desiderano ricercare. Dall’osservazione, poi bisogna essere in grado di stilare una programmazione di miglioramento individuale per la crescita di ogni giocatore.

In questa pianificazione innanzitutto è determinante comprendere le capacità di apprendimento che hanno i ragazzi e trovare i giusti mezzi comunicativi per trasmettere determinate nozioni; deve essere molto individualizzata, focalizzandosi su tattica individuale e gestualità. La finalità deve essere la crescita del giocatore. La bravura sta nel responsabilizzare e nel rendere partecipi i ragazzi del progetto che si ha: quando sono motivati e si comunica attraverso un dialogo costruttivo, è più facile trovare delle proposte metodologiche adeguate. È indispensabile comunque creare qualcosa di nuovo sempre e lavorare in progressione. È fondamentale abbinare alla gestualità tecnica l’apprendimento coordinativo e una parte situazionale. In qualsiasi situazione, anche ridotta di 1>1, 2>1 e 2>2, ci sono tantissimi piccoli aspetti che necessitano del massimo dell’attenzione e che vanno curati e sviluppati nel tempo.

All’interno di una fase di gioco spesso si punta di più sui movimenti collettivi o di reparto, dimenticandosi che poi all’interno di tutti questi c’è il singolo con le sue decisioni di smarcamento, di presa di posizione e via dicendo, ovvero tutto ciò che è tattica individuale. Di conseguenza anche la correzione deve essere individuale.

Niente paura

Dal punto di vista del gioco, per le annate dei Giovanissimi è bello avere un contesto in cui le regole non siano estremamente ferree. Dentro un ambiente che deve essere di sviluppo dell’individuo ci deve essere sempre una formazione personale che poi diventa la base del gioco: se pensiamo di mettere in campo persone terrorizzate o che vivano con la paura del giudizio, si perde buona parte del potenziale. L’allenatore deve accompagnare e far passare i ragazzi da un progetto di tattica individuale fino ad arrivare più in là nel tempo a quella di reparto.

Il calcio di queste categorie non deve essere un calcio dell’allenatore, anzi l’allenatore deve essere un accompagnatore e un promotore di quello che è il potenziale non ancora in atto della propria squadra. Uno dei lati positivi che si ha nel settore giovanile è quello di avere tempo: non si è legati alla programmazione in funzione della partita della domenica e il bisogno di vincere non è così impellente come nel caso delle prime squadre, dove la strategia di gara condiziona la programmazione settimanale. Coi giovani è possibile creare un’identità che passa sicuramente attraverso le conoscenze individuali che sono la base per il collettivo.

Il gruppo di lavoro

Lorenzo Magi
Allenatore UEFA A e match analyst FIGC. Laureato in Scienze Motorie, già tutor al corso di Calcio dell’Unibo. Allena la squadra U16 del Cesena.

Alfredo Sebastiani
Allenatore UEFA A, insegnante di Scienze Motorie con l’hobby della scrittura. Allena la squadra U17 del Südtirol.

Lorenzo Vivarelli
Allenatore UEFA A, insegnante di storia dell’arte e docente LABA Firenze. Allena la squadra U14 del Pisa.

Leggi l’articolo completo sul numero di novembre (381) de Il Nuovo Calcio.

Autore: Michelangelo Maso.
Foto: Imago.