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L’utilizzo dello stretching statico eseguito immediatamente prima di una prestazione di forza esplosiva può inficiare la performance solo se effettuato con durata superiore ai 45 s per posizione. Una review di Kay et al. ha preso in considerazione 4.559 studi con l’obiettivo di fare chiarezza.
Lo stretching statico è un’attività comunemente svolta dagli atleti, da coloro che praticano sport con finalità ricreative così come da chi si trova in un percorso riabilitativo con l’obiettivo di aumentare la flessibilità e di diminuire la tensione muscolare. Normalmente, in ambito prestazionale lo stretching statico viene suggerito perché si ritiene che prepari all’esecuzione di un’attività muscolare intensa e che prevenga il rischio di lesioni muscolari. Negli ultimi anni, però, si è assistito alla pubblicazione di un numero di studi e alla diffusione di una serie di articoli che hanno, in sostanza, riportato il seguente messaggio: l’espressione di forza, soprattutto esplosiva, potrebbe essere compromessa dallo stretching statico eseguito immediatamente prima della performance, influendo negativamente sulla stessa. Questo flusso di informazioni ha determinato, in alcuni ambienti e tra alcuni professionisti, una sorta di alzata di scudi nei confronti dello stretching statico. A ogni modo, prima di assumere posizioni assolutiste, sarebbe necessario analizzare in maniera oggettiva e critica la letteratura esistente e chiederci: siamo davvero certi che lo stretching statico sia “dannoso” per la prestazione muscolare? Dovremmo proporlo o vietarlo ai nostri atleti?
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