I numeri uno, fin dal settore giovanile, devono essere abituati a comunicare nel modo corretto coi compagni di squadra per aiutarli in diverse situazioni di gioco.
Tra le numerose caratteristiche che contraddistinguono il ruolo del portiere, assume una posizione di assoluto rilievo la capacità di comunicare efficacemente con i compagni. Sicuramente la quasi totalità dei tecnici, con i quali ogni allenatore di numeri uno ha collaborato, più e più volte ha posto in evidenza la necessità di avere nel proprio gruppo degli estremi difensori capaci di impartire “ordini”, di aiutare e collaborare con la squadra. I dettami indicati dal numero uno sono di particolare utilità a tutto il resto dell’undici, in quanto è l’elemento che, vista la propria posizione, ha una visuale globale del posizionamento dei propri compagni, degli avversari e degli avvenimenti della gara.
La comunicazione
È per definizione un insieme di fenomeni che producono la distribuzione di informazioni; i soggetti protagonisti sono l’emittente e uno o più riceventi. Il passaggio di dati fra i partecipanti al processo comunicativo avviene per mezzo della trasmissione di un messaggio e il tutto si materializza in un contesto comune ai soggetti stessi.
Affinché il passaggio delle informazioni avvenga con successo, è necessario che il messaggio inviato dall’emittente sia compreso dal ricevente; pertanto, entrambi i soggetti devono utilizzare, condividere e conoscere lo stesso codice di linguaggio. Visti i presupposti e l’importanza dell’argomento, è comprensibile che la capacità di comunicare dei nostri ragazzi sia un obiettivo di cui tener conto nella programmazione annuale dell’allenatore dei portieri. Questo aspetto rientra nella categoria delle finalità socio-affettive e, esaminando quanto ci suggeriscono gli studi effettuati sulle fasi sensibili dei ragazzi, trova particolare “fertilità” per essere sviluppato, indicativamente, nella fascia d’età tra gli 11 e 12 anni, quindi in concomitanza delle categorie Esordienti.
I compiti del portiere
Per quel che riguarda questo “fondamentale” del ruolo, i compiti principali del numero uno sono comunicare il proprio intervento ai compagni nel momento in cui decide di intervenire sulla traiettoria di palla per intercettarla (ad esempio, gridando “Mia!”), e dare dei suggerimenti tattico-organizzativi durante la fase di non possesso, sia per quanto riguarda gli sviluppi del gioco avversario, sia per i calci piazzati contro. Per quel che riguarda il possesso, invece, è importante che indichi, con il segnale vocale “Uomo!” oppure “Solo!”, la presenza o meno dell’avversario in prossimità di un compagno di squadra e che, allo stesso tempo, si proponga o comunichi la propria disponibilità a partecipare alla gestione del pallone. Quest’ultimo “punto” dello smarcamento o del sostegno al possesso e della costruzione della manovra offensiva, ci suggerisce una considerazione sulla comunicazione, che – per definizione – oltre a essere di tipo verbale, è:
- non verbale;
- para-verbale.
Due modalità diverse
Tutto ciò che non viene espresso dialetticamente rientra nella categoria della comunicazione non verbale; ci riferiamo, più precisamente, di tutto ciò che riguarda il linguaggio del corpo, ossia della comunicazione non parlata tra le persone. Per quanto riguarda il nostro ruolo, il portiere è in grado di trasmettere messaggi ai compagni anche senza esprimersi verbalmente, come ad esempio muovendosi a sostegno della linea difensiva, smarcandosi fuori dallo specchio di porta o preparandosi a controllare prontamente l’eventuale retropassaggio. Per quanto riguarda la fase di non possesso, un numero uno che mantiene costantemente una postura appropriata, in funzione della situazione di gioco, riesce anche a infondere fiducia e sicurezza nei propri compagni, i quali percepiranno di avere alle proprie spalle un estremo difensore sempre pronto a intervenire.
La comunicazione para-verbale si riferisce, in particolar modo, all’analisi delle caratteristiche del messaggio vocale che viene indirizzato dall’emittente. Fa riferimento al tono, al volume, al ritmo, alle pause o ad altre particolari espressioni sonore utilizzate all’interno di una frase. Il portiere, vista la concitazione della gara durante la quale deve comunicare nel modo più efficace possibile, deve rispettare delle buone abitudini, anche in riferimento alle caratteristiche del messaggio. Deve utilizzare messaggi brevi e decisi, con un volume alto, in modo che sia comprensibile anche nelle zone più distanti del campo, e con un tono autoritario.
L’intervento sul campo
Il progetto operativo che è necessario proporre ai nostri allievi deve chiaramente essere a lungo termine, e fondamentalmente consiste nell’integrare le esercitazioni, stimolando i ragazzi a comunicare sia nella parte tecnica analitica sia in quella globale. Le linee guida ci vengono suggerite dall’analisi della definizione del fenomeno della comunicazione e – contestualmente – valutando come e quando “parla” il portiere in gara. Dobbiamo, pertanto, stilare un percorso che consente di fornire gli stimoli di approccio a comunicare con i compagni, anche in forma ludica, fino ad avere la padronanza della terminologia tecnica. Bisogna riuscire a far capire al ragazzo (con la pratica) “quando” e “come” chiamare la palla e soprattutto le esercitazioni devono essere svolte sia durante il lavoro specifico con il mister dei numeri uno, sia nelle proposte globali o di reparto con il resto della squadra.
Autore: Matteo Fantozzi.
Foto: Archivio Nike.