Allenare la testa tra presente e futuro

Allenare la testa tra presente e futuro

Psicologia
Le nuove tecnologie possono aiutare l’atleta a migliorare la propria performance. Quale può essere il contributo della psicologia dello sport.

Lo sport d’élite è affamato di scoperte e di possibilità di raggiungere la propria massima espressione. La psicologia dello sport da anni è candidata a entrare a pieno titolo nelle procedure per incrementare le performance sportive. Purtroppo, mentre l’aspetto mentale è ormai riconosciuto a pieno titolo da tutti come una discriminante per raggiungere prestazioni di alto livello, di fatto ancora sono pochi gli atleti e i team che si avvalgono del contributo di figure accreditate e specializzate ad allenare “la testa”, lavorando in modo sistematico e organizzato sulla concentrazione, sulla gestione delle emozioni, sulla capacità di lavorare in équipe e altri aspetti fondamentali. Tale contraddizione stride nel contesto di un mondo sportivo d’eccellenza che vuole crescere e manifesta una tendenza generale a muoversi anche nella direzione dell’innovazione.

LE CAUSE
Tra i motivi di questa contraddizione è possibile rintracciare almeno tre fattori che hanno contributo a rallentare l’applicazione effettiva della psicologia in campo, quale elemento chiave per incrementare le performance degli atleti e dei coach (anche loro competono come i giocatori, non dimentichiamolo). Il primo di questi, il più intuitivo, è dovuto all’immagine socialmente diffusa della psicologia come scienza rivolta principalmente alla cura della malattia mentale. Lo psicologo è ancora visto, anche nello sport, esclusivamente come figura deputata al recupero dal forte disagio e non con la sua funzione importantissima di promotore di capacità.

Il secondo fattore è collegato alla forma mentis occidentale incentrata sul pensiero positivista che riconosce come validi dati “oggettivi” di crescita, o almeno, che appaiano tali. La psicologia dello sport per onestà e vocazione tendenzialmente utilizza un linguaggio che può solo ipotizzare fattori di causa-effetto diretti, e seppure le scoperte delle neuroscienze tendano e si avvicinino sempre più alla certezza delle sue risultanze empiriche, prende in considerazione parametri e intelligenze difficilmente misurabili con modelli matematici. Questo perché ciò che fa riferimento all’animo umano è per sua natura poco “oggettivo”.

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