Oggi 4 maggio ricorre l’anniversario della tragedia di Superga nella quale morì l’ intera squadra del Torino.
Una squadra mitica che dopo la guerra aveva fatto ritrovare l’orgoglio di essere italiani, una squadra amata da tutti trasversalmente al di là del tifo becero di oggi che tanto detesto.
Ma c’è un’ altra lezione meno conosciuta che il Torino diede, meno conosciuta ma molto attuale.
Dietro quella formidabile squadra non c’era affatto una forza economica che consentiva di acquistare i migliori giocatori, tutt’altro, anzi la società praticava la politica della lesina addirittura essendo parca nel concedere i distintivi in omaggio.
Inoltre gli ingaggi non erano certo tra i più alti anzi e spesso in estate piovevano offerte che facevano vacillare alcuni giocatori di fronte a certe cifre, ma poi il senso di appartenenza aveva la meglio.
C’era un capillare lavoro di osservazione, di innovazione tattica, di settore giovanile, in una parola di “Competenza“, iniziato già dal 1938.
Si stava già lavorando al rinnovamento in quanto il tempo passava per tutti e non ci si voleva far trovare impreparati.
Tutte cose che il calcio di oggi non ha più, un calcio di mediocri, di arroganti, di improvvisati, che lo hanno ridotto a quello che è oggi.
Un calcio che toglie e non dà passione, esattamente il contrario di quello che faceva il Grande Torino.
Se continua così tra un po’ di anni di calcio si parlerà solo nelle RSA ricordando quello sport che non si gioca più…
Alessandro Zauli