No, il testo di quel comunicato Stefano Pioli non poteva proprio accettarlo. Il richiamo a gestire la situazione con l’impegno della prima parte di campionato, era un’accusa implicita: nella seconda parte non c’era stata la professionalità mostrata nei primi mesi.
E allora, dopo aver incassato lunedì la fiducia a tempo, martedì Pioli ha salutato tutti. Dimissioni. Addio alla Fiorentina, al club nel quale prima ha giocato e poi allenato. Addio al club nel quale lo scorso anno ha vissuto e gestito la tragedia della morte di un suo calciatore.
Che i risultati della Fiorentina non siano eccezionali è sotto gli occhi di tutti, che la dirigenza di un club abbia il diritto di non rinnovare il contratto a un proprio dipendente (lo sono direttore sportivo, allenatore e calciatori) è nella normalità della cose.
Il comunicato emesso di domenica, però, era offensivo. Offensivo della professionalità e della dignità di Pioli, perché un conto è criticare i risultati, il modo di giocare della una squadra, un altro è mettere in dubbio la professionalità dell’allenatore o di un calciatore.
Il pubblico di Firenze, si è schierato subito con Pioli, al quale è riconosciuta signorilità e onestà. In fin dei conti è questo l’attestato più bello, perché i tifosi sono i veri giudici dell’operato di chi gioca e allena il club per il quale tifano.