E’ morto Kobe Bryant. La notizia che fa il giro del mondo viene diffusa intorno alle 20.50 e nessuno vuole crederci. Kobe, 41 anni, è uno degli sportivi più conosciuti, perché nei Cinque Continenti tutti lo hanno visto giocare a basket, con un talento unico e la fame di chi vuole solo vincere.
Impossibile negarlo: Kobe Bryant non era solo un giocatore, era molto di più, il simbolo della Lega più famosa al Mondo, di uno sport intero. O meglio, dello sport intero. Questo non è il momento di parlare del suo talento, dei punti realizzati, di quando segnò i tiri liberi con il tendine d’Achille rotto. O dei successi ottenuti sul campo.
Scrivere in momenti come questi è difficile, perché a tragedia si aggiunge tragedia: con Kobe c’era anche una delle quattro figlie (13 anni) e, la vita degli altri passeggeri non vale certamente meno della sua.
Qualche volta ci domandiamo perché la morte di uno sportivo generi tanto sgomento e tanta commozione. Ognuno ha la sua risposta. Noi azzardiamo la nostra: uno sportivo, un campione come Kobe regala gioia, divertimento, spiensieratezza. E soprattutto sogno. Ciò di cui abbiamo bisogno per rendere più bella la nostra vita.