Noi che lo abbiamo visto giocare, di Gaetano Scirea sappiamo tutto. L’abbiamo ammirato togliere palla all’avversario con la punta del piede, con l’eleganza dei grandissimi. Noi che abbiamo visto giocare Gaetano Scirea, ricordiamo il suo incedere palla al piede a testa alta, come solo Franz Beckenbauer sapeva fare.
Noi che lo abbiamo visto giocare non abbiamo bisogno di leggere un articolo per ricordarci che lo abbiamo stimato, anche se non eravamo juventini, perché Gaetano Scirea era, anzi è, un patrimonio del calcio, uno di quei calciatori che avresti sempre voluto avere dalla tua parte, uno per il quale tifavi a prescindere. Scirea andava oltre la maglia, un privilegio che la storia ha riservato a pochi.
Dire che Gaetano Scirea, imperatore dell’area, sia stato campione del mondo è una banalità, perché le immagini di quelle partite con Argentina, Brasile, Polonia e Germania le stiamo guardando ancora oggi, rapiti come nell’estate di 37 anni fa.
Per spiegare chi sia Gaetano Scirea non vogliamo neppure stare a leggere quei numeri impregnati di gloria: un titolo di Campione del Mondo, 7 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa Intercontinentale, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa e una SuperCoppa d’Europa. No, anche questi sono numeri che non rendono la grandezza del campione, la statura dell’uomo.
E allora proviamo a leggere altri numeri: 70 presenze nell’Atalanta, alcune da centrocampista, prima che decidessero di trasformarlo in libero, più 552 presenze nella Juventus, che in totale fa 622. E ancora aggiungiamo le 78 maglie della Nazionale. Ma anche questo non rende ancora l’idea della grandezza di Scirea.
Perché la grandezza di Scirea è qui, nello ZERO. Le zero ammonizioni in sedici anni di carriera.