Abbiamo perso. E ci può stare. Anzi, per quanto visto in campo il risultato è giusto. Derubricare la sconfitta a “incidente senza conseguenze”, però sarebbe un erroraccio.
Ogni partita, una volta analizzata, offre risposte alle varie domande che ci si pone. La sconfitta con l’Eire, ricorda all’Italia, che la Nazionale può vincere solo se gioca su ritmi elevatissimi, senza lasciar giocare gli avversari. Ritmi così elevati, non permettono di ragionare, spesso costringono a fare passaggi avventati, sbagliati. Se invece la partiti ha ritmi blandi, piuttosto compassati emergono i nostri limiti. Questa Italia disegnata da Antonio Conte non è fatta per comandare il gioco, è fatta per aggredire e ripartire, per buttarsi negli spazi lasciati da chi spinge e crea.
La sconfitta con l’Eire, permette a Conte di tornare a ruggire, a vedere nemici ovunque, perché è così che il nostro cittì ha costruito le vittorie. Conte ha motivato la squadra, che doveva essere vittima sacrificale contro il Belgio, contro la Svezia di Ibra ha ricordato il “biscotto” che ci escluse da Euro 2004, ma con l’Eire non c’era nulla da evocare e se ci avesse provato sarebbe stato poco credibile, perché quella sconfitta a Usa ’94 (lui, come giocatore era in panchina) fu solo colpa nostra.
Pensiamo che la notte appena trascorsa, per Conte non sia stata agitata, qualche timore giustamente c’è, ma contro la Spagna (che è meno forte di quattro e due anni fa) l’Italia è nelle condizioni di compiere l’impresa: i nostri avversari faranno la partita, noi li presseremo, recupereremo palla colpiremo lasciati già alla Croazia. Non servirà ricordare lo 0-4 di quattro anni fa, perché certe onte non si cancellano. Mai. Soprattutto, chi fino a oggi ha giocato meno, vista la partita con l’Eire non potrà fare polemica per il mancato utilizzo. E anche questo non è un vantaggio da poco.