Dopo il gol di Perisic abbiamo cercato una buona ragione per sorridere. E l’abbiamo trovata. Proprio così: l’ottavo di finale contro la Spagna fa paura, inutile negarlo. Ma proviamo a pensare a un precedente, proviamo a pensare a quella volta che… tutti ci vedevano già sulla via di casa, invece la Nazionale fece qualcosa in più di un miracolo.
Quella volta non giocammo contro la Spagna, ma fu la Spagna il teatro del nostro miracolo calcistico: prima l’Argentina Campione del Mondo, poi il Brasile non solo di Zico e Socrates, quindi la Polonia orfana di Boniek, per concludere con l’apoteosi contro la Germania. Proprio così, dopo il 2-1 segnato da Perisic abbiamo pensato a quando (prima di giocare) tutto sembrava perduto. E abbiamo trasformato il pessimismo in euforia.
Questa Spagna, comunque, non è quella che ha vinto un Mondiale e due Europei (l’ultimo segnandoci quattro gol), anche se Iniesta e David Silva possono inventare una giocata decisiva in qualsiasi momento; Morata ha il gol nel sangue, Piquè e Sergio Ramos non sono due difensori qualsiasi. Del Bosque, che lascerà la panchina dopo l’Europeo, deve anche fronteggiare il vento della polemica, perché Pedro ha detto che si sente emarginato e non è difficile pensare che a breve una bufera investirà Piquè, catalano, per aver esibito il dito medio durante l’inno nazionale spagnolo.
Alla partita con l’Eire dedichiamo poche righe: giustamente si va verso un ampio turnover, definito saggiamente da Buffon “Un privilegio”, ma con una certezza: la squadra ha il carattere di Antonio Conte. Giocheremo per vincere e chi andrà in campo, non sentendosi inferiore a chi fino a oggi ha giocato di più, vorrà dimostrare al cittì che lasciarlo in panchina può essere un errore.