L’annuale appuntamento con l’aggiornamento in presenza della rivista Scienza&Sport si è tenuto a metà novembre. Diversi e conosciutissimi esperti di allenamento fisico hanno dato il loro contributo sul tema “I tre pilastri dell’alta intensità nel calcio. Forza, aerobico e aspetti anaerobici”.
Quasi 200 persone e la cornice perfetta qual è la sala Africa dell’UNAHOTELS di Expo Fiera Milano: ancora una volta il convegno di Scienza&Sport ha trovato la chiave di lettura e la location giusta per accogliere tutti gli “assetati” (e appassionati ovviamente) di calcio, ma soprattutto dell’aspetto meramente fisico, quello che si sposa nel connubio tra scienza dell’allenamento e pratica da campo.
Nove relatori, più una tavola rotonda, hanno tenuto banco dalle 9.15 del mattino, susseguendosi l’un l’altro alla continua ricerca di nozioni per diffondere un sapere ulteriore in un attento pubblico. Dopo la presentazione del direttore Ferretto Ferretti (nella foto di apertura), che ha ringraziato i presenti, i relatori che si sono messi a disposizione per analizzare il tema in questione, e i partner che hanno permesso l’organizzazione dell’evento, K-Sport, U.G.A. Nutraceuticals e Pharmalife Research, è toccato a Ermanno Rampinini, autore fin dal primo numero della rivista S&S, coordinatore della preparazione del Sassuolo e responsabile dello Human Performance Lab di Mapei Sport, aprire le danze con la sua lezione magistrale “Alta intensità nel calcio: come, quanto e quando”.
Una lezione magistrale
È quella appunto di Rampinini. Il relatore spiega che l’alta intensità è caratterizzata da una serie di elementi, combinati tra loro, quali sprint, alta velocità, accelerazione, decelerazione, cambi di direzione, oltre ai concetti di repeated e recovery. Chiaramente lo sprint risulta l’elemento che più caratterizza questo aspetto ed è un qualcosa che si ripete nel corso di ogni gara. Nelle azioni che precedono un gol, nel 50% dei casi è presente uno sprint, questo a sottolineare la sua imprescindibilità nei momenti chiave di un incontro. Inoltre, allenare i giocatori a sostenere alte velocità di sprint può essere pure un’importante strategia preventiva per gli infortuni agli hamstring.
In uno sprint accelerare o mantenere alte velocità di corsa non è la stessa cosa dal punto di vista biomeccanico e servono qualità fisiche in parte diverse. La capacità di decelerare sembra una qualità ben distinta rispetto a quella di accelerare, mentre la combinazione di accelerazioni e decelerazioni spesso in abbinamento a cambi di direzione o di senso sono specifiche nel nostro sport. Le fasi ad alta intensità (alte velocità, accelerazioni, decelerazioni o cambi di direzione) hanno la necessità di essere ripetute (a volte in tempi brevi) o recuperate nel miglior modo possibile, fermo restando che tutto questo lavoro deve reggere l’urto di una stagione intera della durata di 8-9 mesi.
Voliamo in Spagna
Esposizione numero due di giornata è quella di Julio Tous, preparatore atletico del Barcellona. Il titolo della relazione è “Ottimizzare le azioni di gioco attraverso l’allenamento della forza”. Tous si è soffermato sulle modalità e sull’importanza di allenare la forza per rendere efficaci le azioni sottolineando, appunto, come costruire una muscolatura forte e sana aiuti nei movimenti specifici e di base. Riuscire a trasmettere questo concetto ai giocatori significa far capire loro quanto sia produttivo prepararsi in maniera individuale e quotidiana anche al di fuori del rettangolo verde.
È importante “tramandare” metodi efficienti nei tempi giusti, ma anche utilizzare un’attrezzatura che sia facile da trasportare, per averla più facilmente a portata di mano. Infine, altro aspetto non di poco conto, la capacità di creare una sinergia operativa con tutto lo staff medico e dei fisioterapisti. «Fare attività di forza prima di ogni allenamento significa attivare prima e meglio la muscolatura così da farsi trovare successivamente pronti anche prima di ogni partita – ha concluso Julio.»
Dal Barcellona al Real è un attimo
Sì, succede anche questo al Convegno di Scienza. Il preparatore dei blancos, Antonio Pintus, succede al collega del Barcellona ed è il terzo relatore di giornata: “Allenamento condizionale nel calcio: ripercussioni dal settore giovanile”, il titolo del suo intervento. A proposito di giovani evidenzia Pintus: «A volte non si riescono a trasmettere i concetti giusti, ci sono parecchi atleti che non sanno respirare, che non usano il diaframma come dovrebbero e questo è un problema perché il diaframma è collegato al muscolo ileopsoas ad esempio; di conseguenza, non usare bene il diaframma significa anche rischiare degli infortuni. Ma a quanti giovani viene appunto spiegato a dovere l’utilizzo di questo muscolo?».
Sempre in merito all’allenamento giovanile e al perfezionamento continuo dei calciatori, il preparatore porta l’esempio di Cristiano Ronaldo, spiegando come anche lui non era perfetto in tutte le sue azioni; pure un campione come il portoghese aveva bisogno di allenarsi in un certo modo e di sapere determinate cose sulla tecnica di corsa ad esempio. Non doveva correre mica i 100 metri alla Jacobs, ma in alcuni momenti di una partita era importante che corresse i 60 con il minor dispendio energetico possibile. Pintus parla anche di tecniche esecutive, di curare i particolari, perché «Non è fondamentale solo potenziare il motore, ma anche far arrivare l’energia ai pneumatici».
Nuove frontiere dell’alimentazione
Silvia Soligon, nutrizionista, ha toccato il tema degli Omega 3 e il loro ruolo fondamentale per l’atleta calciatore e non solo (“Gli Omega 3 nella preparazione sportiva”, il titolo della relazione). Che l’alimentazione vada di pari passo con lo sport è un dato di fatto conosciuto ai più, ma forse in tanti non sanno dell’importanza degli acidi grassi. Gli Omega 3 sono appunto degli acidi grassi dal potenziale ergogenico basato su proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, utili anche per la regolazione della fluidità delle membrane. Il loro intervento può essere importante per aumentare l’ossidazione di lipidi, “ridurre il danno muscolare” e in particolar modo l’infiammazione.
Pausa e tavola rotonda
Attorno a mezzogiorno, i lavori si fermano, è previsto il classico coffee break prima di ricominciare con un’interessante tavola rotonda sul tema: “Si gioca troppo? Sì, ma niente alibi”. Sono intervenuti (da destra a sinistra nella foto) il nostro direttore Ferretto Ferretti, Roberto Sassi, Marco Parolo, Francesco Perondi e Giambattista Venturati. Di seguito alcuni concetti che sono stati trattati, tra tutti i temi toccati i cinque professionisti hanno insistito molto sul fatto che l’allenamento aerobico è una base indispensabile per la prestazione e per prevenire gli infortuni, e sul discorso che i giocatori vanno allenati. Senza remore.
La tavola rotonda
Nel bel mezzo del convegno sono saliti sul palco Ferretto Ferretti (direttore di Scienza&Sport e Il Nuovo Calcio, docente universitario e al Settore tecnico di Coverciano), Francesco Perondi (preparatore atletico con numerose esperienze in Serie A, vicepresidente AIAC), Giambattista Venturati (anche lui una “vita” in A, oltre che per quattro anni in Nazionale con Prandelli) e Roberto Sassi (consulente di diversi top club, con una carriera nazionale e internazionale di assoluto livello), più Marco Parolo (ex giocatore, allenatore UEFA Pro e voce tecnica di Dazn) per la prima tavola rotonda dell’evento dal tema attualissimo, “Si gioca troppo? Sì, ma niente alibi”.
Tutti hanno convenuto sul fatto che i tempi sono cambiati e non si può certo tornare indietro, si giocherà sempre di più ed è necessario adattarsi. Per agire al meglio servono nuovi imprinting e c’è anche la necessità di tornare a elevare la cultura nei settori giovanili. Tradotto? Bisogna tornare alla pedagogia della fatica, tornare ad allenare in campo, tornare ai concetti di fisiologia perché solo così si arriva a migliorare il modello prestativo.
Particolare il punto di vista di Marco Parolo: «Il calciatore è pigro, lo è sempre stato, deve essere pungolato, deve sapere cosa sta facendo e quali sono i benefici che gli porta un dato lavoro. E per certi versi vale lo stesso per l’allenatore: nella maggior parte dei casi i tecnici sono ex giocatori e cambiano poco, ecco perché per me un allenatore deve avere una mentalità molto aperta, deve ricevere il più possibile dal suo staff, poi con l’esperienza e il tempo perfezionerà il suo sapere evolvendo insieme ai suoi collaboratori».
Oltre i valori della partita
Domenico Borelli è il preparatore dell’Atalanta, lavora da una “vita” con Gasperini, incontrato a Crotone, e propone un intervento estremamente pratico (“Considerazioni e allenamento dell’alta intensità nel calcio”).
Parte dai valori che l’anno scorso hanno contraddistinto la sua squadra, in particolare quelli sull’attività ad alta intensità, restituiti dalle strumentazioni tecnologiche, per arrivare all’allenamento. Evidenzia il valore, rispetto alla partita, di tre esercitazioni “classiche”, 4>4 con 5 porticine, 4>4 e una gara 10>10, per illustrare poi i parametri riscontrati in una seduta mista (amichevole più lavori fisici), in una sessione specifica con esercizi vari e in un lavoro 7>7 a tutto campo, una delle “costanti” del training alla Dea. Che, comunque, non agisce solo in forma specifica, ma anche con diverse proposte senza palla.
Tanti impegni? Bisogna “controllare” il più possibile
Stessi colori ma squadra diversa: dal nerazzurro dell’Atalanta al nerazzurro dell’Inter con Fabio Ripert, preparatore atletico della formazione allenata da Simone Inzaghi. “La gestione dell’allenamento nelle settimane con doppio impegno” l’argomento trattato: giocando veramente parecchio, «Anche 6 partite in 18 giorni – ha detto», è chiaro che serve una gestione a 360° del calciatore che riguarda tanto il carico interno quanto quello esterno. Oltre a questi conta molto l’impegno mentale, emotivo diciamo, per certi versi più soggettivo ma d’importanza assoluta. Il carico esterno è controllato coi GPS, ma la vera differenza è capire cosa accade all’interno del corpo del giocatore che è sottoposto pure a viaggi, trasferimenti, rientri a orari “notturni”. Il preparatore ha poi parlato delle differenze, importanti, tra chi gioca e chi no e dell’essenzialità di individualizzare il lavoro visto gli impegni che si ripetono a pochissima distanza.
Sai cos’è la frequenza respiratoria?
Andrea Nicolò, dottore in Scienze dello sport, dell’esercizio fisico e dell’ergonomia nonché ricercatore all’Università degli Studi di Roma Foro Italico, si è concentrato su “La frequenza respiratoria: un nuovo indicatore di carico interno nel calcio”. Dopo aver parlato della validazione delle metriche nella nostra disciplina, ha chiarito come l’intensità sia la componente principale del carico di lavoro e come la frequenza respiratoria, ben associata alla percezione dello sforzo, possa descrivere l’impegno fisiologico del calciatore. La tecnologia può venire in soccorso della ricerca e aprire nuovi ambiti di studio, vedi le moderne attrezzature per la valutazione della respirazione sul campo.
Il personal trainer
Simone Lorieri, preparatore atletico, personal trainer di atleti professionisti (Jasmine Paolini per fare un nome) e calciatori top level, esperto nell’allenamento della forza, ha parlato di “Off-season: preparazione individuale e il ruolo della forza”. Ha specificato come il periodo prima del ritiro possa diventare importante per il calciatore per limare le sue mancanze, perfezionarsi dal punto di vista atletico potenziando le sue qualità in vista del precampionato vero e proprio, riducendo così il pericolo degli infortuni. Il tutto lavorando “da solo”, infatti il calciatore ormai sente sempre di più il fatto di essere un atleta a tutto tondo.
«Fare uno squat o spostare un bilanciere non ti farà di certo giocare meglio a calcio, ma ti aiuterà a essere un atleta migliore; e un atleta migliore potrà esprimere un livello di performance più alto, risaltando anche in maniera più economica le sue doti tecniche specifiche in gara – ha terminato il preparatore».
Alleniamo!
A chiudere il cerchio di un’intensa giornata d’incontri ci ha pensato Paolo Barbero, preparatore atletico dello staff di Jurić (Verona, Torino e Roma le ultime squadre). Il suo intervento è intitolato “Intensità nel calcio: cosa significa?”. Parte proprio dal tentativo di dare una definizione arrivando al concetto che l’intensità di gara è il vero parametro discriminante della performance. Quindi anche l’allenamento, per certi versi, deve rifarsi alla partita, considerando il tipo di calcio che intende proporre il mister (fondamentale) e le caratteristiche dei calciatori. Il preparatore poi mostra diversi mezzi di allenamento, a carattere speciale e generale, spiegando cosa è emerso dalle strumentazioni tecnologiche in merito ai carichi. Conclude con una frase significativa, un’indicazione preziosa per tutti i presenti, un monito che chiarisce la vera strada del preparatore, che non è quella di andare dietro ai giocatori, ma quella di… «Avere il coraggio di allenare!»
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Autore: Mariella Lamonica.
Foto: Davide Ognibene.