Il Foggia di Zeman e l’Udinese di Zaccheroni: due piacevoli rivelazioni degli anni novanta. Il trio Rambaudi, Baiano e Signori e i gol di Bierhoff.
Zdenek Zeman, boemo di nascita, è ormai a tutti gli effetti un italiano d’adozione, da quando, giovanissimo, venne a Palermo alla corte dell’illustre zio, Cestmir Vycpalek, in passato allenatore della Juventus, e poi guida tecnica dei rosanero. Schivo, di poche parole, ma pienamente consapevole di cosa avrebbe voluto comunicare attraverso le sue squadre, ben presto Zeman si mise all’opera, cominciando ad allenare in Sicilia, dapprima in categorie inferiori, fino ad approdare alle giovanili del Palermo, con cui comincerà a farsi notare fra gli addetti ai lavori per il suo gioco alquanto spregiudicato. Votato da subito all’attacco, con un credo tattico ben preciso che nel corso degli anni sarebbe diventato un dogma: il 4-3-3, proposto sin dai tempi della sua prima esperienza tra i professionisti a Licata, che lui ricorda ancora come la più soddisfacente delle sue stagioni. Ai giocatori è richiesto sì tanto sacrificio, con le immagini immortalate dei gradoni impresse nella memoria di molti, ma a conti fatti, i risultati sono stati spesso e volentieri sopra le attese di compagini altrimenti votate alla sopravvivenza calcistica.
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