Dopo aver chiacchierato nelle puntate precedenti con personaggi e atleti di diverse discipline, questa volta parleremo di due ruote. O meglio di un grande ciclista, oggi commissario tecnico della Nazionale Italiana.
Dodici Giri d’Italia, nove Tour de France, altrettante partecipazioni ai Campionati del Mondo, una seconda vita da commentatore, fino alla guida degli Azzurri nel 2014. Davide Cassani ci ha raccontato dei suoi inizi, la sua carriera da corridore e la passione che lo hanno portato a diventare oggi CT della Nazionale.
Partiamo dall’inizio: a quanti anni ha avuto la sua prima bicicletta?
«Mi hanno regalato la mia prima “bici” da corsa a 14 anni. Era una “Valla” grigia, lo ricordo ancora. Mi sono innamorato del ciclismo a 7 anni quando mio padre mi portò a vedere un Campionato del Mondo a Imola, vicino a casa. Solo che mi comprò la bicicletta 7 anni dopo. Prima, come quasi tutti i bambini ho giocato a calcio.»
Quando ha capito che il ciclismo era la sua disciplina?
«L’ho sempre desiderato! Il mio sogno era diventare un professionista. Ho cominciato a crederci nel 1978- 79, nel momento in cui da Juniores ho iniziato a vincere diverse corse. Lì ho intuito che forse potevo realizzarlo.»
Quanto e come si allenava?
«Da dilettante andavo a scuola, ma riuscivo comunque ad allenarmi. Mi sono diplomato in ragioneria nel 1980 e sono passato ai professionisti nell’82. Calcolando che un professionista fa 37-38-39mila chilometri all’anno, siamo su una media di 100 km al giorno.»
C’è qualche campione in particolare al quale si è ispirato?
«Il mio idolo era Felice Gimondi. Ha illuminato la mia infanzia, era il mio punto di riferimento.»
Vanta molte vittorie e trofei al suo attivo, quale ricorda con più emozione?
«Sono due le vittorie che mi fanno ancora “sorridere”. La prima nel 1990 quando ho conquistato il mio primo Giro dell’Emilia a Bologna. È stata la prima volta che mio figlio venne a vedermi o meglio che sua madre lo portò. Era il suo primo compleanno. La seconda quando ho vinto la mia prima tappa del Giro nel 1991 a Prato. Tra l’altro fui premiato da un Premio Nobel, Rita Levi Montalcini.»
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L’intervista completa su Il Nuovio Calcio – n.328 maggio 2020
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