Un club storico, a cui siamo legati, che dopo i fasti passati sta ritornando ai vertici del calcio sudamericano grazie a un’attenta programmazione. Il passato e il presente uniti da un elemento comune: la passione.
“¡Peñarol nomá!”
Diego Aguirre esplode in questo grido, mutuato dall’inno di battaglia uruguagio (Uruguay nomá), subito dopo il terzo fischio che segna la chiusura della partita di ritorno dei quarti di finale di Copa Libertadores. Gli ultimi minuti di gioco contro il Flamengo sono stati di sofferenza, tutti sotto palla, molto spesso in area di rigore nel tentativo di respingere gli attacchi finali di una delle squadre più ricche del Sudamerica.
Il presente
Raggiungere, dopo svariati anni, il traguardo di essere tra le prime quattro del subcontinente è un risultato storico. Abbiamo lasciato decantare la felicità per un giorno e poi abbiamo sentito al telefono il presidente del club di Montevideo. Raggiante, Ignacio “Nacho” Ruglio, ci ha raccontato, oltre all’enorme orgoglio e soddisfazione, il percorso di questi ultimi anni alla guida del Peñarol, dove è stato appena rieletto nello scranno maggiore, dopo la prima nomina nel 2020.
«È stato un successo legato alla programmazione, Carlo. Per eliminare il Flamengo che ha più di dieci volte il nostro budget, abbiamo scelto di cedere un giocatore solo nella finestra di fine anno e di mantenere il gruppo intatto dall’inizio al termine della stagione. È ovviamente un sacrificio, visto che i club europei cercano a giugno-luglio i giocatori che per noi sono la vera fonte di sostentamento (Federico Valverde e Darwin Nuñez, i due big usciti dal Peñarol prima di questa gestione erano andati via durante l’estate europea, nda). Ma questo ci ha permesso di avere una squadra affiatata nei momenti importanti della Libertadores e di eliminare un undici che aveva sì fatto un super mercato, ma solo nelle ultime settimane. Negli ultimi anni abbiamo razionalizzato i costi cercando però di elevare la competitività per rispettare la nostra gloriosa storia».
Il club giallonero ha infatti vinto le prime due edizioni dell’equivalente della Champions europea, nel 1960 e nel 1961, con solo il grande Santos di Pelé a negargli il tris nella finale del 1962. L’ultimo trofeo internazionale di prestigio è datato però 1987, poi le squadre argentine e brasiliane si sono prese praticamente tutto.
«Per risorgere – dice a Il Nuovo Calcio il presidente Ruglio – dovevamo puntare sul senso di appartenenza. La scelta di Aguirre va proprio in questo senso. Lui, quando è qui, ha una marcia in più, sente la camiseta. E poi siamo riusciti finalmente a costruire il nostro stadio, aperto al pubblico nel 2016, oggi attorno stiamo inaugurando e si inaugureranno nuove installazioni per riuscire ad avere un luogo tutto per noi.»
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Foto: Carlo Pizzigoni.